L'acqua di produzione è il principale sottoprodotto derivante dal processo di estrazione di petrolio e gas. Contiene una miscela di composti organici ed inorganici, microorganismi e metalli pesanti \cite{Zhao_2014,v2020,sw2019} che possono avere un impatto negativo sull'ambiente \cite{Igunnu_2012}. Note le caratteristiche delle acque di produzione, e dati gli stringenti limiti di emissione in acque superficiali ed in fognatura, come enunciati nel Testo Unico Ambientale, D.Lgs 152/06, Parte Terza, Allegato 5, Tabella 3 e, in ambito europeo, dalla Direttiva Quadro Europea (Water Framework Directive)\cite{g2021,belgiorno2008,belgiorno2012,scannapieco2013}, vengono impiegati diversi metodi atti alla rimozione degli oli e delle particelle in sospensione \cite{fc2017,belgiorno2014}. Si annoverano: gli idrocicloni, i carboni attivi, filtri a letto profondo, aerazione e sedimentazione, precipitazione, scambio ionico, dissalazione termica, elettrodialisi, air-stripping, coagulazione e flocculazione. Attualmente, tecnologie come gli idrocicloni e i carboni attivi sono largamente utilizzati per la separazione dei solidi e la rimozione di sostanze organiche presenti nell'acqua di produzione \cite{Munirasu_2016}. Un’alternativa a queste tecnologie consiste nell’impiego di membrane, sempre più diffuse nell'industria \cite{Alzahrani_2014}.  Le membrane possono essere classificate in: organiche (costituite da polimeri) ed inorganiche (metalliche, ceramiche). Le membrane polimeriche sono largamente usate dato il loro basso costo e fabbisogno energetico, oltre all’elevata efficienza di rimozione degli oli.