Ozonizzazione e adsorbimento

Negli ultimi anni, in diversi impianti di trattamento delle acque reflue in Europa (in particolare in Svizzera e Germania) sono stati aggiunti i trattamenti di ozonizzazione e adsorbimento su carbone attivo per rimuovere i contaminanti emergenti prima dello scarico degli effluenti \citep{MANIAKOVA2022133474}. L'ozonizzazione è un processo di ossidazione chimica che prevede l’impiego di ozono. L’ossidazione dei contaminanti emergenti avviene tramite reazioni dirette con l’ozono o indirettamente attraverso reazioni con i radicali ossidrili che si formano a seguito della reazione dell'ozono con composti organici, come fenoli o ammine. Il principale svantaggio consiste nella formazione di sottoprodotti della disinfezione, tra cui bromato e N-nitrosodimetilammina (NDMA), che sono di particolare preoccupazione per l’ambiente e per la salute umana perché potenzialmente cancerogeni \citep{RIZZO2020136312,SHAH2020105882,ROUT2021141990}
L’adsorbimento è un processo chimico-fisico che comporta l’accumulo di una sostanza (il contaminante che vogliamo rimuovere, detto adsorbato) sull’interfaccia tra due fasi. In tal caso i contaminanti si spostano dalla fase liquida (refluo da cui vogliamo rimuoverli) alla fase solida, che prende il nome di adsorbente \citep{ROUT2021141990}. L'adsorbimento consente di rimuovere con elevata efficacia i contaminanti emergenti dalle acque, a fronte di costi di installazione relativamente bassi \citep{RATHI2021124413}. Il carbone attivo (AC), suddiviso in carbone attivo in polvere (PAC) e carbone attivo granulare (GAC), è l’adsorbente più utilizzato nel trattamento delle acque per la rimozione di inquinanti organici e inorganici disciolti in esse. A differenza dell'ossidazione, l'adsorbimento è un processo che non provoca la formazione di sottoprodotti, tuttavia è necessario aggiungere un successivo processo di disinfezione, particolarmente quando si prevede il riutilizzo dell’effluente \citep{RIZZO2020136312,MANIAKOVA2022133474}. Inoltre, sebbene l’adsorbimento su AC garantisce maggiori efficienze di rimozione di ECs rispetto ai tradizionali processi di coagulazione e flocculazione, il blocco dei pori del materiale adsorbente e la concorrenza per i siti di adsorbimento, ad opera ad esempio della materia organica naturale (NOM) presente nel refluo da trattare, causano la riduzione nel tempo delle prestazioni del processo e l’aumento della dose di adsorbente richiesta con conseguente incremento dei costi di esercizio \citep{LUO2014619,SHAH2020105882,NADDEO2020105237}.

Processi basati sulla reazione di Fenton

I processi di ossidazione avanzata basati sulla reazione di Fenton possono essere utilizzati nel trattamento delle acque reflue. Il processo di Fenton convenzionale si basa sulla reazione tra perossido di idrogeno e sali di ferro per formare specie fortemente reattive in grado di ossidare composti organici e inorganici. Si registrano risultati positivi anche in termini di rimozione dei contaminanti emergenti dalle acque reflue urbane. Tuttavia, tale processo è efficace a pH acido (circa 2.8) per cui le acque reflue urbane dovrebbero essere acidificate prima del trattamento e successivamente neutralizzate prima dello scarico o del riutilizzo, comportando un incremento dell’impatto ambientale e dei costi operativi \citep{MANIAKOVA2022133474}. Ulteriori svantaggi riguardano la formazione di fanghi di ferro precipitato e la competizione che si instaura tra gli inquinanti e altre specie acquose, ad esempio carbonato e sostanza organica disciolta, nella reazione con i radicali liberi non selettivi \citep{FARINELLI2020122413}. Secondo \citet{RIZZO2019986} queste limitazioni rappresentano uno dei motivi per cui sistemi basati su tale processo non sono ancora applicati su larga scala come trattamenti terziari delle acque reflue urbane. 
\citet{SCARIA2021124014} suggeriscono l'applicazione di processi Fenton con l’uso di catalizzatori eterogenei per rimuovere i contaminanti emergenti; tale processo, denominato Fenton-like, differisce dal processo tradizionale per l’impiego di altri metalli oltre ai sali di ferro (ad esempio, i composti a base di manganese si sono rivelati catalizzatori efficienti per il trattamento di ECs). Inoltre, un miglioramento del processo di Fenton potrebbe essere ottenuto con l'aggiunta di agenti chelanti o leganti oppure accoppiandolo a fonti di energia esterne come ultrasuoni (sono-Fenton), radiazioni luminose (photo-Fenton) e campi elettrici (elettro-Fenton). L’aggiunta di agenti chelanti (come l’EDDS, ossia l’acido etile diamminadisuccinico, o l’EDTA, ossia l’acido etilendiamminotetraacetico) o leganti (come l'acido nitrilotriacetico, noto con la sigla NTA, o l'ossalato) favorisce la reazione di Fenton promuovendo la rimozione dei contaminanti e riducendo al minimo la produzione di intermedi di reazione dannosi \citep{FARINELLI2020122413,SCARIA2021124014}. Il sono-Fenton migliora le efficienze di trattamento rispetto al processo di Fenton convenzionale grazie all’azione di decomposizione del perossido di idrogeno in radicali attivi dovuta alla presenza di ultrasuoni \citep{SCARIA2021124014}. Il photo-Fenton è una variante del Fenton in cui la soluzione da trattare viene irradiata con una luce ultravioletta, naturale (con applicazione diretta della luce solare, solar-photo-Fenton) o artificiale (con l’impiego di lampade UV), caratterizzata da lunghezza d’onda che in genere rientra nello spettro tipico della radiazione solare (tra 180 nm e 400 nm). Tale processo permette di raggiungere velocità di reazione maggiori e di incrementare le efficienze di rimozione \citep{GAMARRAGUERE2022106992,BRILLAS2022120290}. Nel processo elettro-Fenton si integrano processi elettrochimici al tradizionale processo di Fenton; la produzione di radicali ossidrili avviene dalla combinazione del catalizzatore aggiunto all’acqua da trattare con il perossido di idrogeno generato in situ per riduzione dell’ossigeno al catodo. L’elettro-Fenton risulta efficace per la degradazione di contaminanti organici persistenti \citep{ISMAIL2021101952}.

Fitodepurazione

\citet{GARCIA2020123228} hanno applicato metodi ecologici per trattare l’acqua da destinare al riutilizzo. In particolare, hanno scoperto che i processi di filtrazione e degradazione che avvengono negli stagni di fitodepurazione possono rimuovere efficacemente i contaminanti emergenti comportando minori impatti ambientali rispetto ad altre tecnologie \citep{CHEN2021117193}. La fitodepurazione è una soluzione di trattamento delle acque reflue a basso costo che consiste in stagni poco profondi contenenti macrofite galleggianti o macrofite radicate emergenti. I principali vantaggi della fitodepurazione sono i bassi costi operativi, il fatto che non richiedono una fonte di energia esterna e la loro integrazione con il paesaggio \citep{MATAMOROS2012111,RATHI2021124413}. Il fabbisogno di ossigeno è soddisfatto dall'attività fotosintetica della vegetazione e dallo scambio per diffusione all'interfaccia aria-acqua. Le macrofite limitano anche la penetrazione della luce nella colonna d’acqua impedendo il fenomeno di eutrofizzazione. I complessi processi chimici, fisici e biologici che si verificano in un sistema di fitodepurazione rendono tale sistema efficace per il trattamento delle acque reflue \citep{VYMAZAL2014724,SHAH2020105882}. Il principale svantaggio della fitodepurazione, invece, è legato alle grandi superfici richieste \citep*{MATAMOROS2012111}. Occorre, inoltre, tenere in considerazione che il processo di fitodepurazione richiede tempi maggiori rispetto ad altri processi di trattamento e che la vegetazione impiegata influisce sulla tipologia di inquinanti che possono essere rimossi; la possibile proliferazione di insetti e la necessità di smaltire correttamente le piante contaminate sono ulteriori problematiche da considerare \citep{PARDE2021101261}.

Ultrasuoni

I processi a ultrasuoni (US) possono essere impiegati nel trattamento delle acque contaminate. Per azione delle onde ultrasoniche, il processo genera continuamente bolle di cavitazione che crescono e collassano comportando il raggiungimento di valori elevati di temperatura e pressione all’interfaccia acqua-inquinante. Il ciclo di formazione e collasso delle bolle si traduce nella generazione di radicali idrossilici altamente reattivi, per decomposizione termica dell’acqua, che a loro volta ossidano gli inquinanti \citep{article,SCARIA2021124014}. La frequenza è uno dei parametri che maggiormente influenza l'efficienza del processo: onde a bassa frequenza producono una cavitazione violenta, innalzando di conseguenza temperatura e pressione; onde a frequenze molto elevate riducono l'effetto cavitazionale ma garantiscono velocità di reazione più elevate, in virtù del maggior numero di eventi di cavitazione, con conseguente aumento di radicali liberi nel sistema \citep{PARK2011228}\citet{XU2020122229} affermano che gli ultrasuoni consentono l’abbattimento dei prodotti farmaceutici presenti nelle acque reflue e risultano essere un processo fortemente compatibile con l’ambiente. In particolare, i processi US degradano i contaminanti emergenti ma la mineralizzazione completa non è praticabile \citep{articlea}. Sono studiate diverse tecnologie che integrano gli ultrasuoni ad altri processi; ad esempio, \citet{NADDEO2009790} e \citet{article} hanno ottenuto un miglioramento nell’efficienza di rimozione del diclofenac (DCF) grazie all’effetto sinergico dei processi US e ozonizzazione applicati simultaneamente. Nello specifico, in entrambi gli studi, confrontando queste due tecniche applicate separatamente, gli autori hanno riscontrato maggiore efficienza nella mineralizzazione del DCF con gli ultrasuoni rispetto all'ozonizzazione.

Processi a membrana

I bioreattori a membrana (MBR) combinano il trattamento biologico con una separazione solido/liquido mediante filtrazione su membrana \citep{HASAN2012199} ottenendo elevate efficienze di rimozione sia dei contaminanti convenzionali che di quelli emergenti \citep{riccardi2021}. La tecnologia MBR risulta essere un metodo valido per il trattamento delle acque reflue grazie ai numerosi vantaggi rispetto al processo convenzionale a fanghi attivi, tra cui migliore qualità dell’effluente prodotto, minore produzione di fanghi, minori volumi e superfici occupati, nitrificazione dell'azoto migliorata e ridotto fabbisogno di disinfezione delle acque reflue trattate grazie alla significativa rimozione di agenti patogeni e virus \citep{BANTI2017430,BOREA2019732}. Il fouling è il principale problema operativo dei bioreattori a membrana; questo fenomeno limita l'applicazione della tecnologia MBR in impianti a scala reale \citep{CORPUZ2021147475}. Con il termine “fouling” si fa riferimento alla deposizione di componenti e impurità presenti nell'acqua trattata sulla superficie della membrana presente nel bioreattore. L'accumulo di questi materiali riduce la produttività dell’impianto MBR, aumenta il fabbisogno energetico e influisce negativamente sulla permeabilità della membrana aumentando la resistenza complessiva al processo di filtrazione e portando a un grave declino del flusso permeato nel tempo \citep{HASAN2012199,c2016,KRZEMINSKI2017207,ERKAN202021}. La tendenza alla diminuzione della permeabilità della membrana durante il ciclo di filtrazione in un MBR comporta la richiesta di una periodica pulizia fisica e chimica dei moduli filtranti, con conseguente aumento dei costi di esercizio e problemi legati a tempi di inattività dell’impianto \citep{BUZATU201846}. Sebbene il costo per l’acquisto delle membrane sia diminuito negli anni, gli elevati costi operativi, necessari per mantenere un flusso di permeato adeguato ed evitare il calo delle prestazioni del sistema, rimangono un problema critico \citep{NADDEO2015e92}.
Per quanto concerne il trattamento dei contaminanti emergenti, a causa della maggiore dimensione dei pori della membrana rispetto al diametro medio delle particelle dei microinquinanti presi a riferimento, sia l'ultrafiltrazione (UF) che la microfiltrazione (MF) hanno fatto registrare efficienze di rimozione non molto elevate; nanofiltrazione (NF) e osmosi inversa (RO), caratterizzate dall’impiego di membrane con dimensioni dei pori minori, garantiscono maggiori efficienze di rimozione dei contaminanti ma rimangono permeabili ad alcuni microinquinanti e presentano lo svantaggio legato all’incremento delle incrostazioni della membrana relativamente rapido \citep{LUO2014619}. Inoltre, l’efficienza di rimozione dei contaminanti emergenti mediante filtrazione su membrane è dipendente da diversi fattori tra i quali le proprietà della membrana, le condizioni operative, la qualità dell’acqua da trattare e le proprietà dei contaminanti \citep{SHAH2020105882}
Gli elettro-bioreattori a membrana (e-MBR) combinano processi elettrochimici, quali elettrocoagulazione, elettrosmosi ed elettroforesi, nei sistemi MBR con conseguente riduzione del fouling e incremento dell’efficienza depurativa (particolarmente in termini di rimozione dei nutrienti e dei contaminanti convenzionali ed emergenti) che comporta una maggiore qualità degli effluenti rispetto agli MBR convenzionali \citep{HASAN201471,c2016,articleb}. Al fine di ottenere questi vantaggi, \citet{BOREA2019732} hanno dimostrato che è necessario regolare adeguatamente la densità di corrente applicata poiché questo parametro influisce sulle prestazioni del processo oltre che sui costi di esercizio legato al consumo di energia. Un’evoluzione degli impianti MBR è rappresentata dal bioreattore a membrana dinamica autoformante (Self-Forming Dynamic Membrane Bio Reactor, SFDMBR) che risulta essere un sistema con potenziali bassi costi di installazione e di esercizio. La chiave di questa tecnologia è l'autoformazione di uno strato filtrante biologico (che prende nome di membrana dinamica, DM) su un supporto di materiale inerte a pori grossolani e a basso costo che sostituisce i costosi moduli a membrana microfiltranti o ultrafiltranti previsti negli impianti MBR convenzionali. Solitamente vengono utilizzati supporti in acciaio inossidabile, reti in nylon, filtri in tessuto, reti in poliestere, polietilene tereftalato e filtri in tessuto non tessuto con dimensioni dei pori comprese tra meno di 10 μm e 2 mm \citep{SALERNO2017301,MOHAN2020101541}. I principali vantaggi dei bioreattori a membrane dinamiche autoformanti sono il migliore controllo del fouling, i bassi costi dei materiali di supporto utilizzati per la formazione della membrana dinamica, l’alto flusso di permeato, il basso fabbisogno energetico e l’elevata capacità di trattamento \citep{XIONG2014308}\citet{CASTROGIOVANNI2022150296} hanno introdotto il concetto innovativo di SFDM incapsulata (ESFDM) tra due materiali di supporto (Fig. 4) tra i quali viene a formarsi un filtro biologico vivo e stabile che contribuisce alla rimozione degli inquinanti mediante biodegradazione e filtrazione e garantisce un maggiore controllo del fouling rispetto ai sistemi convenzionali. \citet{inproceedings} hanno esaminato la possibilità di combinare processi elettrochimici con SFDMBR per la rimozione dei contaminanti emergenti dalle acque reflue. La combinazione di queste due tecniche di depurazione porta alla realizzazione di un sistema ibrido estremamente innovativo denominato elettro-bioreattore a membrana dinamica auto-formante (e-SFDMBR). Tale configurazione, a fronte di ridotti costi di investimento per l’assenza dei costosi moduli a membrana, ha consentito un’elevata rimozione di composti organici e nutritivi, la riduzione del fouling e una maggiore rimozione dei contaminanti convenzionali ed emergenti rispetto ai sistemi tradizionali \citep{cairone2021}.